martedì, ottobre 24, 2006

Cecco grullo

La fiaba di Cecco grullo (o Cecco strullo) come la so io:

Cecco grullo era un ragazzo tanto buono, tanto bravo, ma che di cervello ne aveva veramente poco. Il suo babbo e la sua mamma gli volevano tanto bene, ma di tanto in tanto si disperavano per la completa mancanza di intelligenza del proprio figliolo.
Basti pensare a cosa fece Cecco quella volta che il babbo e la mamma dovevano andare al mercato -essi erano due poveri contadini- per vendere il ricavato del loro orto. La mamma disse a cecco:
"Noi andiamo e torniamo tardi. Per favore Cecco per cena facci trovare un po' di cavolo strascicato, almeno riusciremo a fare cena" e, dopo tante raccomandazioni -perché a Cecco bisognava spiegare tutto per filo e per segno- presero la loro frutta e si recarono al mercato.
Quando tornarono, entrando in casa, trovarono la tavola apparecchiata, si guardarono e pensarono che il loro figlio era proprio un tesoro. Subito arrivò Cecco tutto trafelato e con il fiatone mostrando fiero un mazzo di gambi di cavlo legari ad una corda, tutti sfrangiati e sporchi.
Inorriditi i genitori esclamarono: "Cecco cosa hai fatto!" e lui tutto fiero rispose che il cavolo lo aveva strascicato, come gli aveva detto la mamma. E ci aveva messo tutto l'impegno perché lo aveva strascicato per tutto l'orto per mezza giornata! I poveri genitori si rassegnarono e si consolarono del fatto che il loro figlio anche se grullo gli voleva tanto bene.

Un'altra volta i genitori, dovendo sempre recarsi in città per la giornata lasciarono istruzioni ben precise a Cecco per preparargli un po' di cena quando sarebbero tornati. Pensa pensa si dissero che i fagioli bolliti non li poteva proprio sbagliare. Allora la mamma disse a Cecco: "Per favore Cecco per cena preparaci du' fagioli bolliti" e quindi spiegò per filo e per segno tutto quello che avrebbe dovuto fare a partire dall'accendere il fuoco, l'acqua nella pentola e via e via senza omettere un solo passaggio. Alla fine Cecco disse: "Mamma non ti preoccupare, ho capito tutto, vi preparerò i fagioli alla perfezione".
Quella sera i genitori di Cecco tornarono stanchi e trovarono il loro figliolo ad aspettarli sulla porta, tutto felice. Entrando trovarono la casa perfettamente a posto, la tavola apparecchiata e la pentola fumante sul fuoco appena spento. "Bravo Cecco!" Esclamò la mamma andando alla pentola mentre il babbo si sedeva a tavola contento. La mamma prese il ramaiolo e cominciò a pescare dalla pentola... fruga fruga non trovava fagioli ed allora, già preoccupata chiese a Cecco come mai non c'erano fagioli nella pentola; Cecco rispose: "ho fatto esattamente come hai detto tu; ho buttato due fagioli, dopo u po' ne ho assaggiato uno per controllare la cottura ma era ancora crudo, dopo un altro po' ne ho assaggiato un'altro ed era cotto perfettamente, allora ho spento il fuoco." La mamma, ormai in lacrime tentò di spiegare a Cecco che buttare du' fagioli era un modo di dire e che che non va interpretato alla lettera, ma Cecco apparve non cogliere appieno la sfumatura. Sconsolati i due genitori andarono a letto dopo aver mangiato solo un po' di pane e cipolla.

Poco tempo dopo questi fatti tra i contadini della zona girò voce, un giorno, che dei ladroni stavano depredando le cascine dei dintorni. Allarmati i genitori di Cecco decisero di prendere tutte le poche cose di valore che avevano in casa, metterle in un sacco e di lasciare la zona per andare da una zia che abitava in città; almeno finché i ladroni non avessero finito di fare il giro delle cascine. Quando furono pronti uscirono in testa i genitori, carichi come muli, e a seguire uscì Cecco. Il babbo, che era davanti disse a Cecco senza voltarsi: "Cecco, tirati dietro l'uscio quando esci, mi raccomando" e Cecco, che era un ragazzone grande e grosso, uscendo, alzò la porta di casa dai cardini e, con un po' di sforzo, se la mise in spalla. Continuarono così camminando per un pezzetto finché non sentirono sfrascare vicino al sentiero, subito il babbo disse: "Svelti, saliamo su quella quercia!". Dopo poco il babbo e la mamma, con la forza della disperazione, erano in cima all'albero con i loro sacchi; si voltarono verso il basso e videro Cecco che saliva a fatica con l'uscio di casa. Il babbo represse un urlo di disperazione e la mamma si mise a singhiozzare flebilmente. Quando Cecco fu arrivato ad una forcella di un ramo della quercia vi poggiò l'uscio e ci si sdraiò esausto sopra. Il babbo ebbe appena la forza di chiedere perché mai Cecco avesse scardinato la porta, lacsiando così via libera in casa ai ladroni; Cecco rispose che era stato lui a chiedergli di tirarsi dietro l'uscio. Porprio in quel mentre sotto di loro arrivarono i ladroni che si stesero sotto l'albero a riposare. A Cecco ed ai suoi genitori non rimase che stare immobili ad aspettare; Cecco si addormentò addirittura per la stanchezza.
Dopo un po' di tempo, sarà stata un'ora, i ladroni cominciarono a spartirsi il bottino e, dopo poco nacque un litigio per la divisione. Uno dei ladroni, alterato, alzò particolarmente la voce e Cecco si svegliò di soprassalto. A questo punto successe che il ramo si spezzò e Cecco piombò esattamente sulla testa dei ladroni, stendendoli di un colpo.

Insomma, Cecco ed i suoi raccolsero tutto il bottino dei ladroni, legarono questi come salami e ritornarono alla loro casa. Fecero anche il giro dei vicini che poterono riappropriarsi delle proprie cose e Cecco divenne l'eroe di tutto il paese e, anche se a volte faceva cose un po' strampalate, nessuno osò mai più dargli del grullo.

Stretta la foglia, lunga la via, dite la vostra che io ho detto la mia.

Cecco Bilecco

Questa filastrocca si esegue in modo molto simile a "Cavallino arrì arrò" ma si fa dondolare il bambino avanti ed indietro come per remare. Naturalmente alla fine si fa andare tutto indietro come se cadesse.

Cecco Bilecco monta sullo stecco
lo stecco si rompe Cecco va sul ponte
il ponte rovina cecco va in farina
la farina si staccia Cecco si sculaccia
sodo sodo Cecco va nel brodo
il brodo si beve Cecco va nella neve
la neve si strugge guarda Cecco come fugge!

Cavallino arrì arrò

Da cantare con il bimbo sulle ginocchia facendolo saltellare, all'ultima parola dell'ultima strofa si finge di far cadere il bimbo (che si diverte moltissimo, l'effetto suspance funziona sempre!!)

Cavallino arrì arrò
prendi la biada che ti do
prendi i ferri che ti metto
per andare a San Francesco
a San Francesco c'è una via
che portava a casa mia
a casa mia c'è un altare
con tre monache a cantare
ce n'è una più vecchietta
Santa Barbara Benedetta!

Tutto comincia l'11/10/2005 (alle 4 e 28 del pomeriggio!)


L'11/10/2005 nasce Vittoria: una splendida bambina adorata dai genitori Margherita e Nicola. Dopo i primissimi mesi, con l'inizio delle filastrocche-gioco (cavallino arrì arrò, Cecco Bilecco ecc.) già nascono le "diatribe" sulla giusta versione originale. Visto che io e mia moglie ci siamo divertiti nell'argomentazione delle versioni e della loro autenticità. In questo blog voglio raccogliere la maggior quantità di favole e filastrocche (lavoro molto utile per il prossimo futuro!) ed aprire il dibattito con i commenti. Bando alle ciance e cominciamo!